Foto di Chiara Pasqualini
Da sempre ritengo la natura, flora e fauna, come un dono vitale che come tale deve essere gestito, quasi con la delicatezza con cui si lava la testa di un neonato. Se provassi ad immaginare un mondo senza querce, prati verdeggianti di erbe autoctone, campanule e margherite, scoiattoli, passeri, api e farfalle, vivrei in un buio di lutto. Il mio amore per la natura cresce di pari passo al disamore, ove mai ci sia stato amore, verso la tecnologia sfrenata e convulsiva, l’industrializzazione smisurata, l’artificiosità senza freni, e quant’altro venga inserito nel grande calderone, mai pieno, definito genericamente progresso. Più accrescono gli scempi di quella parte di società che, al contrario, ritiene tutto questo normale se non indispensabile, più io mi emargino da me stessa in quell’altro spazio di società che condivide la mia scelta, pur non facendo io parte di movimenti, organizzazioni, e meno che mai proteste, cui altri invece decidono di aderire e cooperare. No, io esplico la mia scelta pro natura senza slogan né cortei, senza nulla che possa trasformare questa scelta serena in una sorta di moda del momento, di lotta o, peggio, di fobia psicotica. La natura è da rispettare se non altro perché è sovrana, la sua superiore potenza ce la dimostra spesso, ed è da amare perché si dona e ci dona tutto gratuitamente, è da essa infatti che riceviamo la nostra fonte di calore, di frescura, di acqua, di luce, di cibo. Bella da riempirsi gli occhi, trasformista ad ogni ora del giorno e della notte, che si veste di colori e odori che a noi consegna anche sotto forma di sapori, che ci placa, ci rilassa, ci da quell’aria definita ossigeno che è vita per noi, che ci consegna il meraviglioso mondo animale, quel macrocosmo da cui noi umani avremmo tanto da imparare. Chi non prova piacere in una passeggiata tra boschi, intorno ai laghi, tra le campagne di fiori e frutti, tra le nevi di aguzze montagne, tra gli scenari differenti da continente a continente, beh è un pover’uomo che si perde il meglio della vita!
“In natura niente è perfetto e tutto è perfetto, gli alberi possono essere contorti, incurvati in modo bizzarro, ma risultare comunque bellissimi” Alice Walker
Amare la natura è innanzitutto rispettarla, e per rispetto si intende adeguarsi ai suoi tempi, alle sue stagioni, ai suoi cicli, senza mai invertirli, meno che mai farli conformare ai nostri. Eppure, negli ultimi decenni la natura è stata violentata dall’abuso di sostanze inquinanti, dal disboscamento eccessivo, dal cemento sempre più alto e soffocante, dai rifiuti che a breve saranno più numerosi della popolazione vivente, dalla scomparsa di specie che ha causato l’alterazione dell’equilibrio animale sia di terra che di mare, e l’elenco è lungo più di un maglione slabbrato. Stiamo addirittura rischiando di perdere le api, e tutti sappiamo quanto la loro esistenza e il loro prezioso lavoro regoli una infinità di sistemi naturali che non ci possiamo permettere di vedere squilibrati. Dopo decenni di precedenza alle fabbriche, agli scarichi abusivi, all’edilizia senza criterio, all’abbattimento di intere aree boschive per costruirci mostri d’acciaio e cemento, ecco che da alcuni anni si sta assistendo ad una reazione, pacata ma decisa e costante, per arrestare queste voragini e tornare al vero nucleo vitale che è la terra. Insomma, dallo scempio e dal vilipendio ci si sta allontanando, passo dopo passo, con un convinto rifiuto verso tutto ciò, e l’impegno a tornare indietro da dove tutto il peggio è iniziato e da lì ricominciare. È in aumento costante il numero di persone attente a queste problematiche e che in qualche modo riescono ad attivarsi, a cominciare dal proprio piccolo quotidiano, sapendo che tassello dopo tassello si può arrivare a rinnovare l’intero mappamondo!
Di pari passo cresce anche l’esigenza di vivere con i tempi e i modi che sono legati alla vita nella natura, sia essa campagna o montagna o mare. E i giovani stanno rispondendo a queste esigenze forse più della parte di società non più giovane, vogliono proteggere quello che ancora c’è per non vederselo scippare dai nemici.
E così sta diventando sempre più consuetudine cercare al supermercato i prodotti naturali, scartare quelli troppo pieni di conservanti e additivi, dirigersi verso quelli meno sofisticati, ci siamo abituati a leggere l’elenco degli ingredienti dietro ogni confezione e scegliamo diversamente ormai, nascono negozi bio quasi ad ogni angolo e si è ritrovato il piacere di andare al mercatino rionale per comprare direttamente dai contadini con la sacca di tela al braccio per non riempirci di inutili buste di plastica. E nei ristoranti si ordina sempre più il piatto cucinato soltanto con alimenti di stagione e con cotture che non ne alterano le proprietà salutari.
Insomma meno sofisticazione, più gusto, più salute, più green.
Ma c’è chi va oltre questo, anche oltre l’attrezzarsi in determinate date per la raccolta di rifiuti abbandonati sulle spiagge, oltre l’organizzare giornate di sensibilizzazione verso argomenti anti inquinamento o istruttive lezioni nelle scuole, oltre l’insegnare ai propri figli come si smaltiscono i rifiuti di casa e come si può riciclare, e l’elenco prosegue ancora tanto. Si c’è chi, oltre questo, è penetrato nel concetto di massimalismo vegetale e lo ha fatto suo. Massimalismo vegetale è conoscere pratiche vegetali atte alla salvaguardia di ogni specie vegetale, e di insegnarle o proporle per una costruzione edilizia a prova di nuovi e sani tempi tutti da vivere in natura. Piante che hanno bisogno di poca acqua se si vive in zone secche o molto calde, metodi per avere tetti verdi e produttivi, e non più prati e giardini prettamente ornamentali ma creati in modo tale che tutto sia commestibile o atto ad una spontanea riproduzione seminando semi di specie in estinzione nonostante siano molto produttive e benefiche. E questo anche per riuscire a fronteggiare periodi di siccità cui fanno seguito periodi di grandi precipitazioni con danni notevoli. I paesaggisti più richiesti adesso sono coloro che aiutano a creare i nostri spazi verdi secondo questi principi, e i committenti aumentano giorno per giorno. Tra questi esperti la quota femminile è in maggioranza. Una tra le tante? Marta Fegiz, lei crea esclusivamente garden dry e balconi di piante utili, tra erbe il cui odore attira gli insetti necessari e tiene lontani quelli pericolosi, vasi pieni di erbe da cucina o curative, e piante anti-inquinamento come il corbezzolo, la genziana, la lautana, l’erigeron, le tillandsie. Insomma meno estetica geometrica come siamo stati abituati finora con i famosi giardini all’inglese che richiedono uno stuolo di giardinieri e quantità di acqua inimmaginabile, e più balconi, terrazzi, tetti e giardini dall’aspetto meno ordinato ma più spontaneo, meno esigente, meno costoso ma molto autonomo e produttivo. Alla fine di ogni sua esposizione progettuale lei dice: – insomma, perché ostinarci a volere un prato inglese se non siamo nella piovosa e umida Inghilterra, o a comprare piante tropicali se non viviamo ai tropici ? –
Essere all’ultima moda ora nel settore green è avere un giardino orto, avere un balcone con fiori che fanno la corte alle api e piccole piante che producono frutti squisiti. Da qui si può persino procedere oltre, contribuire cioè, nel nostro piccolo, a ridurre l’utilizzo di tutto ciò che rende inquinante l’aria quindi l’intero pianeta, insomma è ancora possibile riparare iniziando proprio dal non continuare a danneggiare. La professoressa Sissa, docente di sostenibilità ambientale, unitamente ad altri suoi colleghi, conclude una sua intervista rilasciata per una rivista di settore, con una frase perfetta:
– bisogna sapere pensare in grande, come i costruttori delle cattedrali del passato, nessuno di loro ha mai visto la fine dell’opera che avevano progettato, eppure lo facevano pensando al futuro pur senza di loro –
Ed è proprio quello che dovremmo iniziare a fare noi, qualcosa lo vedremo e ce lo godremo, altro è per passare il testimone a chi, dopo, dovrà soltanto ringraziarci, non maledirci.
Foto di Chiara Pasqualini
Cerchiamo l’altra vita, questo è il vero anticonformismo, tornare ai tempi passati non è una sconfitta ma una nuova partenza, una evoluzione e non una involuzione, che ci porterà a goderci un mare non più ricettacolo di plastiche, a camminare tra tronchi non più ammalati né tra resti di alberi abbattuti, a gustare quanto miele vogliamo perché le api non si estingueranno e l’ecosistema che loro stesse regolano non si estinguerà, che quello che mangiamo avrà il sapore che deve avere, la mela saprà di mela, la farina non sarà più industrialmente lavorata, l’innovativo riscaldamento casalingo non danneggerà l’ossigeno, gli odori e i profumi saranno capaci di risvegliarci l’olfatto, e i colori ci riempiranno gli occhi di tonalità che negli ultimi anni abbiamo ammirato soltanto nei quadri degli impressionisti. Se raggiungeremo questi risultati, dovremmo ringraziare anche le tante donne che con il loro operato hanno contribuito, e ancora contribuiscono, al benessere del nostro pianeta.
“Qualsiasi frammento del nostro futuro dipende da ciò che facciamo adesso, non domani” Sylvia Earle
Eleonora Cunaccia, tanto per citarne una, vive nel Trentino e trascorre il suo tempo alla ricerca di erbe selvatiche e bacche. Ogni giorno, e per varie ore, attraversa boschi per far rivivere l’abitudine delle generazioni passate quando era quotidiano riempire le loro ceste di bacche ed erbe che la natura e il calendario delle stagioni procurava loro gratis. Eleonora ha sessant’anni ora eppure, agile come ne avesse venti, scavalca rocce, corsi d’acqua, alture, per raccogliere ogni cosa cresca spontaneamente e ogni cosa sia commestibile, ma soprattutto che tale raccolta non alteri l’equilibrio ecologico dei suoi amati monti, raccolta che comprende anche semi e radici. La sua guida è il sole, le stagioni sono il suo piacere quotidiano, sempre rinnovato. Alla ricchezza che la natura ci offre, Eleonora non si stanca di ripetere che noi tutti dobbiamo porci con umiltà, la natura è sempre superiore a noi. Dal suo passato di ristoratrice stellata ha trattenuto la disciplina, lo studio costante, il rispetto verso il cibo. Tutto questo, e il grande amore per la terra che mai si sopisce, fanno si che sia capace di riconoscere l’odore di un certo tipo di aglio, della bardana, delle pigne di pino Mumugo il cui estratto lei utilizza per fare un ottimo gelato.
“La fretta è la grande nemica dell’uomo moderno “ripete sempre lei” non bisogna averla, meno che mai quando si è tra la natura, la fretta farebbe commettere errori, le piante si devono prendere in mano, osservarle e cogliere soltanto quelle che si può, senza defraudare la natura. Gli alberi sono come le persone, ciascuno ha una sua anima, e io amo scoprirla”
Solo al tramonto torna alla sua azienda, quella che ha creato con suo fratello, dove tutto il raccolto diventa cibo in barattolo, intatto nelle sue proprietà, tale che è molto richiesto da ristoratori e chef, e cinque anni fa l’Amministrazione dei beni frazionabili ad uso civico l’ha nominata custode di quei boschi, e le ha dato in affido una baita per usarla come sede di ricerca internazionale sulle erbe selvatiche.
“Ci amiamo a vicenda io e i boschi” dice lei “entrambi ci rispettiamo e ci diamo amore”
Ecco, questo sarebbe uno slogan perfetto o il titolo di una pubblicità pro natura!
Ma non posso concludere questa mia mini ricerca senza citare gli orti botanici e le donne cui ne è stata affidata la cura e la gestione. Gli orti botanici hanno lo scopo di curare e conservare piante e alberi bisognosi di essere preservati e mantenuti. È una donna, ad esempio, che gestisce l’orto botanico di Pisa che contiene 350.000 campioni raccolti sin dal settecento e ancora sani; sono tante ormai le donne che fanno parte del corpo forestale con lo scopo di proteggere le foreste dal vandalismo; sono soltanto donne quelle che si occupano di controllare il surriscaldamento dell’Artico nel villaggio di Sevettiijarvi, nord della Finlandia, il ghiaccio che si scioglie e si ricongela non fa più nascere licheni, erbe essenziali per le renne; e tante sono le donne che con i propri mezzi diffondono nel mondo le necessità della natura maltrattata, persino attraverso l’arte, il cinema, la scrittura. Gli ultimi dati Istat devono farci lasciare l’ozio e portarci ad iniziare un proprio impegno sul tema ecologico: in una fascia che va dal 15 al 50% della specie animale c’è il rischio di estinzione, il 25% di specie marine e di uccelli rischiano la fine, perdere 14 ettari di suolo ogni giorno non ce lo possiamo più permettere, il 40% di fiumi italiani e l’80% di laghi italiani non sono conservati adeguatamente, e altro, altro ancora.
Ecco, basterebbero questi numeri a farci tornare ad avere coscienza verso il meraviglioso mondo della natura, a desiderare di trattarla come una persona a noi cara, di dimostrarle che le siamo riconoscenti e non figli snaturati che sfruttano e poi scappano.
Facciamolo per la natura. Facciamolo per noi. Facciamolo per chi verrà dopo di noi.
Annamaria Porrino, maggio 2024