Le biblioteche ancora al servizio di tutti, e ora si aprono anche ai social.
“Qui mi trovo in un perfetto giusto mezzo: medio affetto, media vita comune, media vita solitaria. I libri strappati dalla libreria di Bologna qui vivono un’altra aria. Che piacere provo nel vederli così scelti ed allineati! Come amo toccare con le mani esperte quelle pagine intatte, ruvide e lucide, piene e succose di concetti chiari e documentati, ognuno dei quali contribuirà ad accrescere di qualcosa la mia anima, sì che un giorno io possa sentirmi superare a quello precedente”
Lettera agli amici – Pasolini – 1941/45
È da sempre che il libro, inteso come oggetto da toccare, mi prende più di ogni altro. Lo shopping che mi dà dipendenza è soltanto in libreria. La punto da lontano, è lì che per prima devo andare, e inizio a stare bene non appena vedo il mio volto riflesso nella vetrina, con gli occhi che velocemente leggono i titoli esposti. Li scarto per metà, le mode degli ultimi anni che tentano di far passare per libri un cumulo di parole vuote e vacue della tizia o del tizio del momento, o le biografie di persone note per tutto meno che per cultura o affini, proprio non meritano il posto d’onore cui viene conferito per mero interesse di vendita. Quindi entro e mi avvicino agli scaffali di narrativa, poi letteratura, i più piccoli, i più nascosti. Tocco, scelgo, prendo, leggo la prima pagina, poi la fine di un capitolo e l’inizio dell’altro, e decido. Quando sono nelle città dalle grandi librerie, ma meglio ancora quando trovo qualche piccola libreria indipendente, il mucchietto di libri scelti li appoggio sul tavolino del bistrot interno, mi gusto un caffè con un muffin e osservo, osservo gli altri fare lo stesso: prendono un libro, leggono un po’, lasciano, ne prendono altri, si seggono in poltrona, leggono ancora, comprano. Un via vai di mani che ripetono uguali azioni dando movimento ai protagonisti libri, adottati seppur per pochi minuti alla volta da persone attratte da loro.
È un mescolarsi di abiti, borse, volti, colori, vocii che si intrufolano tra queste migliaia di pagine, alcune ancora odorose di stampa. Decido, dando priorità agli sconosciuti autori di piccole case editrici che ancora non si fanno ingoiare dagli squali delle grandi o si lasciano abbattere e chiudono la loro attività, li appoggio delicatamente alla cassa, pago e vado via con il mio sacchetto.
E la mia giornata può finire qui, così. A casa li sistemo nelle mie librerie, divisi per argomenti, e lì mi aspettano mentre io attendo l’ispirazione che mi porterà all’uno o all’altro secondo l’umore, il clima di fuori, la stagione, il desiderio di vivere quella storia piuttosto che un’altra. Al centro, uno spazio dedicato ai libri antichi, da qualche anno ho iniziato a comprare qualche chicca di cui ne vado fiera. I primi due sono orazioni in francese: uno è del 1835, sulla prima pagina il nome di chi lo possedeva, una certa Ginglinger, scritto in corsivo con stilografica; l’altro dello stesso periodo appartenuto ad una certa Marguerite.
Poi prime edizioni di testi di letteratura, di poesie, alcuni in buone condizioni, altri con le pagine staccate dalla rilegatura ma che non ho fatto restaurare, li voglio così. E poi libretti di concerti d’opera risalenti agli anni trenta, testi di letteratura dell’800 in lingua madre fino ad arrivare, per ora, ad una copia della prima pubblicazione de I Miserabili e idem per Miss Dalloway che Mondadori stampò in Italia con il titolo – Signora Dalloway -. L’odore di umido che questi libri antichi emanano, quasi di muffa, il pensiero di chi li ha posseduti, di chi li ha buttati in una cantina e qualcun altro dopo anni li ha recuperati e forse amati, mi appaga. Ma l‘incanto puro lo vivo quando entro in una biblioteca. Già il termine ne conferisce il valore, è composto da biblon cioè libro e theka cioè scrigno, ripostiglio. Ed è proprio così, la biblioteca è il luogo in cui si conserva la cultura racchiusa in questi tesori detti libri, un grande contenitore dove riposano per sempre senza mai subire lo spegnimento. Vivono ma non conoscono la fine vitae, sono eterni. Entro, lascio il mondo fuori da questi scaffali e mi prendo il silenzio della cultura, la inalo annusando la stampa dei fogli, carezzo le copertine e, senza aprire bocca, dico grazie a chi ha scritto, a chi ha deciso di stampare, a chi ha aperto e letto, miriadi di mani anonime che toccano le mie ma loro non sanno di me quanto io non so di loro. E la mia vita si prolunga di qualche anno.
Nulla è più affascinante delle storie raccolte e conservate nelle antiche biblioteche. Come quella di Dublino che conserva le edizioni originali delle antiche leggende e fiabe irlandesi, o quella di Praga dove tutto ti sussurra Kafka, o quella di Parigi dove nella sala Richelieu con il soffitto a vetrate ovali puoi leggere libri con i riflessi azzurri del cielo, o quella di Melk che sorge sulla valle del Wachau a buttare uno sguardo sul Danubio come forse fece Umberto Eco che lì si ispirò per il suo capolavoro, o quella di Montecassino che raccoglie tanti lavori degli emanuensi.
E l’elenco coprirebbe pagine e pagine ancora.
Io in questi luoghi direi sacri divento una Alice col desiderio di abbracciarmeli tutti questi soldatini in riga uno di fianco all’altro, messi lì da decenni o secoli, a restare immortali. Le biblioteche mi fanno rimanere sospesa in un tempo fermo dove ancora adesso si chiede di fare silenzio.
È in un contesto simile che si inseriscono le figure, umane e professionali, di due nostre Silenziose: Sara Ammenti e Manuela De Noia.
Le loro biografie si possono leggere nello spazio – Le donne – del nostro sito.
Sara Ammenti è bibliotecaria archivista presso la famosa Biblioteca del Centro Studi Americani, fondata nel 1920 e ospitata nello storico Palazzo Antici Mattei a Roma.
È da un secolo quindi che, chi si è alternato a prestare la sua professionalità tra quelle sale, ha fatto si che si continuasse a diffondere la nutrita letteratura americana d’ogni tempo. E lei che ci lavora da quindici anni è mossa dallo stesso intento, approcciandosi però al pubblico anche con altri mezzi oltre quelli classici del visitatore che si accomoda e legge qualche libro che lì è custodito.
Ancora di più in questo periodo di forzata chiusura a causa del Covid, ecco che senza scoraggiarsi, lei e altre sue colleghe, per non interrompere il contatto con i lettori, ha creato l’iniziativa – io leggo a casa – diffondendo sulle pagine social interviste video a esperti della letteratura americana, e persino la possibilità di consultare circa 1500 riviste specializzate, sempre senza muoversi da casa. E per far amare e ammirare le opere più antiche e preziose, ha aperto lo scrigno e ha creato mostre virtuali così da dare a tutti la sensazione di essere lì dentro senza esserci davvero.
Manuela De Noia è anch’essa una giovane bibliotecaria, legata però anche alla tutela dei beni culturali. Resta fedele alla immagine della bibliotecaria nella sua funzione lavorativa, e il suo impegno lo ha applicato anche presso la storica Biblioteca di Montevergine che non contiene soltanto testi che tramandano la storia e le vicende di questo amato santuario (basti pensare che furono proprio i monaci di Montevergine a custodire il telo della Sindone ai tempi dell’invasione nazista, senza che mai venisse trovato) ma anche
manoscritti latini in scrittura gotica, antichi codici e il breviario degli ordini cistercensi.
Anche lei però vive la modernità del suo tempo, quello cioè di facebook, di youtube, di messanger, e così alterna la sua professione alla passione personale di giovane donna d’oggi amante della cultura che utilizza questi mezzi per suggerire letture, per far conoscere autori, per condurre la sua generazione ad una rinnovata passione per la lettura.
È per questo che ha deciso di registrare brevi video, che settimanalmente pubblica su youtube, leggendo lei stessa qualche pagina, qualche frase estrapolata qua e là, pochi minuti per tentare di far interessare o innamorare chi la vede e l’ascolta, a quel libro.
Settimana dopo settimana, libro dopo libro, diventano libri, tanti tra cui scegliere purché si legga. Ancora.
Queste due donne sono un esempio di come, per professione, formazione a passione, ci si può impegnare per ottenere una moderna propagazione della lettura, restando però con una mano ancora ancorata al passato che è d’obbligo tutelare e tramandare. La letteratura vive grazie a chi ancora legge e, per mantenerla in vita, chi la ama deve attuare ogni progetto che faccia rimanere teso e integro quel filo invisibile che unisce gli estremi: chi ha
scritto, scrive e scriverà, e chi ha letto, legge e leggerà.
Annamaria Porrino
Presidente de Le Silenziose
L’articolo è bello ed interessante, ma in questo anno di pandemia ho avuto modo di vedere tante iniziative di biblioteche e bibliotecarie che hanno cercato di diffondere la lettura ed aprire le biblioteche al mondo, certo con i mezzi a disposizione, che sappiamo non essere gli stessi per tutti, però lo hanno fatto. Stessa cosa vale per le interviste, gli approfondimenti, le presentazioni.
Certo è bello vedere che il mondo delle biblioteche rinnova ed aggiorna la sua immagine, ma queste persone hanno fatto il loro lavoro adeguandolo ai tempi e al contesto come hanno fatto tutti nel proprio settore, non ci vedo niente di speciale.
Speciali sono stati più gli attori che in piena crisi e mancanza di lavoro, hanno fatto compagnia a molti con letture per continuare a diffondere la cultura, oppure le persone che fanno altre attività, magari fanno tutt’altro durante il giorno ma, tornate a casa, leggono, condividono, resistono all’appiattimento culturale e dedicano il poco tempo rimasto alla diffusione della lettura e della cultura in generale. Ovviamente, però, sono invisibili, non hanno “biglietti da visita” di biblioteche storiche alle spalle.
La biblioteca/medicina … quando ti accosti allo scaffale giusto, lontano dagli sguardi,con la penna in mano ma non devi scrivere niente. Cerchi solo un centro, una parola e un perché al sanguinamento dell’anima. E allora cerchi la pagina giusta di un libro/medicina che ti dia sollievo,respiro,carezza…
da lunedi 8 sono in ferie, devo ancora dare l’acqua alle piante, devo finire la catalogazione della prof. Pirani, devo aggiustare i prestiti ultimi per i ritorni, devo rispondere al comune…devo devo devo, ma sono stanca, una strana sindrome mi attanaglia e mi blocca … ho bisogno di interrompere. Ciao mio delizioso incubo , ci vediamo a settembre.