Donne che hanno compiuto cose importanti ma pochi lo ricordano. Meno che mai le ricordano.
di Annamaria Porrino
Sarebbe il caso di aggiungere – ma pochi lo sanno, e quei pochi che lo sanno non lo ricordano più – Perché? Perché la società ha preferito, a pari merito, dare gloria e fama ad uno piuttosto che a un altro, ad uno o più uomini piuttosto che a una donna, perché quel merito era da riconoscere in quel momento ma poi non più, perché tanti godono nel far cadere nell’oblio chi in vita ha realizzato qualcosa di importante, perché tante volte il valore viene calpestato, bloccato, addirittura vilipeso e non c’è una spiegazione razionale a tutto ciò che di razionale non ha nulla. Insomma i perché sono legati al modus vivendi della società di quel dato tempo, al caso, alla ruota della giustizia che tante volte gira al contrario.
O perché doveva andare così, qualcuno direbbe, con una sorta di rassegnazione. O perché erano e sono donne, aggiungerei io. Anche.
Tanti, troppi, sarebbero gli esempi da citare per ricordare quante donne di valore hanno subito intralci e oltraggi al loro percorso di emancipazione, di cultura, di arte, di ricerca, di beneficenza, di altruismo. Dall’esempio della piccola grande Greta, che è divenuta il simbolo di un bisogno di rispetto verso il nostro pianeta oramai plastificato, infetto, deturpato senza pietà, io ho pensato ai tanti giovani che prima di lei si sono battuti per lo stesso scopo, a quante ragazze finora hanno deciso di vivere in maniera naturale fuori dai clichè imposti, alle tante persone d’ogni età e ceto sociale – culturale che da decenni hanno gridato in tanti modi il loro no alle discariche vicino le loro case, agli inceneritori tumorali, al disboscamento continuo che altera sempre di più il ciclo naturale del nostro ecosistema ambientale, e ancora… la lista potrebbe essere molto lunga. Eppure soltanto Greta è divenuta subito simbolo, accolta dai più alti vertici politici che devono fingere di interessarsi all’argomento pianeta, insomma per i media lei è la ragazzina di cui si deve parlare, ogni passo faccia, perché ci sta salvando, altri no. Coraggiosa si, determinata si, lottatrice senza armi si, ma perché solo a lei è stata data la ribalta e nessuno osa fermarla mentre tutti gli altri e le altre sono ignorati o addirittura additati come pazzi esaltati che non hanno nulla da fare che pensare ai pesci che muoiono in quel determinato mare inquinato o ai ghiacciai che si sciolgono?
Non c’è risposta, come non ce ne è di fronte ai tanti giornalisti di ogni epoca che hanno rischiato e rischiano la vita per fare inchieste pericolosissime ma nessuno li conosce, e altri che con il loro coraggio hanno inchiodato e inchiodano mafiosi e camorristi ma non si chiamano Saviano e non possono permettersi di vivere nel lusso americano con scorte pagate dall’Italia, e che quando scrivono o parlano i più si inchinano come fossero dinanzi a oracoli dei nostri giorni, o nuovi profeti.
La maggior parte di loro non soltanto non hanno avuto e non hanno testate giornalistiche su cui pubblicare i loro articoli, neanche gratuitamente, meno che mai ospitate in trasmissioni televisive pagati più dei divi holliwoodiani, ma non hanno potuto usufruire neanche di un agente di scorta, e alcuni di loro sono rimasti uccisi sui marciapiedi davanti la loro abitazione. In quello stesso giorno nessuno ha memorizzato il loro nome, al massimo hanno detto – eh hai visto, ne hanno ucciso un altro -. E se per caso era una donna, ebbene la sua inchiesta quasi sempre non ha trovato citazione neanche nei titoli di coda. Ci guadagniamo la prima notizia nei Tg soltanto quando qualcuno ci zittisce uccidendoci. E in questo caso non dicono neanche – eh hai visto, ne hanno ucciso un altro – perché devono dire – un’altra – A onor del vero questa vetrina la otteniamo facilmente quando una di noi allunga l’elenco delle uccise per mano del tizio che le era marito, padre, compagno, ex. Ma l’eco dura un giorno soltanto.
C’è qualche inviata di guerra il cui volto è conosciuto ? No, ma di inviati uomini si, e tornati in Italia hanno trovato una bella carriera che l’aspettava. Ci sono giornaliste competenti in tv chiamate a disquisire di quel dato argomento, tema del giorno? Pochissime, per il resto una massa di ex soubrette, ex onorevoli, attricette e non, tizie divenute note perché hanno partecipato a un reality, uno.
E quando si deve parlare di cose serie o di interpretazioni politiche del momento, alle tavole rotonde ci sono esperte donne? Una, forse due, contro una decina di uomini che subito intervengono per togliere loro la parola dicendo sempre di non essere d’accordo, e via a spiegarne il perché con tanto di telecamera che li inquadra in primo piano.
E nel campo della ricerca, della competenza, delle dirigenze, quante donne valide ci sono, e quante di queste sono note o restano note oltre la morte?
Forse la Thatcher, anche se la ricordano più per i suoi capelli rigidamente cotonati che per il fatto che è stata il primo ministro inglese donna. E poche altre. Nell’arte, nella fotografia, nella moda?
Poche elette contro una massa enorme di artisti, designer, stilisti, fotografi che vivono e si sentono come i più alti d’ogni tempo.
E allora io ho fatto una piccola ricerca, ne ho estrapolato qualche esempio.
Donne di valore che non sono state riconosciute tali in vita né dopo, o quelle cui purtroppo si è dovuto darne merito, ma subito strappato e buttato dopo la loro morte per non lasciare di esse né ricordo né eredità da imitare.
Insomma quelle la cui sorte, o gli uomini, hanno deciso che dovevano entrare in un certo gruppo piuttosto che in un altro. Soltanto questo, senza aggiungere troppi commenti. Sarebbero stati superflui.
Un giorno un giornalista domandò a Marie Curie che aveva già vinto il Nobel:
Come si vive accanto a un genio?
Non lo so – rispose lei – lo domandi a mio marito.