Niki de Saint Phalle, scultrice, pieni anni 60
Gli uomini sono molto inventivi ma non hanno nessuna idea di come migliorare il mondo
Negli anni 60, tra le minigonne di Mary Quant, mega concerti rock e contestazioni giovanili, Niki diviene subito famosa per l’originalità della sua scultura. Crea Nanà, una donna grossa e colorata, dalle forme disarmoniche e irrispettose della classica anatomia. La crea grassa in opposizione alla moda di quegli anni che pretendeva donne magre, e colorata contro il monocolore sempre imperante. La sua Nanà non è una pin up, non suscita desiderio ma è viva e vivace. Nessuno lo sapeva ma la fece così per allontanare dal suo corpo il disgusto degli abusi subiti da bambina, abusi che neanche con i percorsi psichiatrici riuscirono ad essere dimenticati. Allora lei doveva creare una donna dalle forme non attraenti ma viva, intatta, che al massimo poteva suscitare allegria e anche ilarità nel vederla cosi grande: sei metri di altezza, nove di larghezza e ventotto di lunghezza. Come a dire, non vorrà e non potrà toccarla nessuno. E doveva essere alternativo anche il materiale, quindi decise di usare il poliestere. Morì a causa dei gas tossici respirati usando appunto il poliestere per 17 anni, tanti ne occorsero per creare le sue Nanà da spargere nel cosiddetto Giardino Esposto, vicino Grosseto. Per finanziare questo suo progetto fece tutto, permise di usare il suo nome per libri, opere, film e persino profumi, insomma sfruttò la sua fama per riempire un grande giardino delle sue Nanà, cioè donne che nessun uomo avrebbe desiderato, quindi deflagrato.