Antonia Pozzi, poetessa, inizio novecento
La mia vita è nei boschi
Suo padre era un noto avvocato, sua madre era una contessa, rigidi entrambi nelle regole sociali dell’apparenza ad ogni costo, e ad un galateo che non ammetteva deroghe. Lei evadeva dalle giornate asfissianti cui era obbligata quando, in bicicletta, poteva raggiungere la natura, quella più selvaggia e intoccata, e lì e soltanto lì riusciva a comporre. Nelle sue poesie la bellezza della montagna solitaria è quasi dominante. I suoi genitori non trovavano adeguato ad una giovane donna quel modo di vivere, quel desiderare il respiro dei boschi, né tantomeno il suo bisogno di scrivere versi, per distoglierla dalla sua penna quindi le sminuivano il talento. Segnata sin da ragazza da questi commenti e dai tanti divieti, decise di non voler vivere se non le avessero più permesso di scrivere le sue poesie tra gli alberi, gli unici che la comprendevano. A soli 26 anni, una sera di dicembre, Antonia si tolse la vita. Neanche questo dramma scosse il padre che si preoccupò invece di cercare quelle poesie. Una volta trovate le alterò secondo il suo pensiero. In qualche modo però, parte di questi versi originali sono stati ritrovati. Questi sono rimasti, quelli alterati no, forse qualche discendente li ha buttati.